Domenico Gaetano Maria Donizetti è stato un compositore italiano, famoso soprattutto come operista. Scrisse più di settanta opere, oltre a numerose composizioni di musica sacra e da camera. Le opere del Donizetti oggi più sovente rappresentate nei teatri di tutto il mondo sono L'elisir d'amore, la Lucia di Lammermoor e il Don Pasquale. Con frequenza sono allestite anche La fille du régiment, La Favorite, la Maria Stuarda, l'Anna Bolena, la Lucrezia Borgia e il Roberto Devereux.
Nato a Bergamo il 29 novembre 1797 da una famiglia di umile condizione (padre guardiano al Monte dei Pegni e madre tessitrice), fu ammesso alle lezioni caritatevoli di musica tenute da Giovanni Simone (Johann Simon) Mayr e Francesco Salari – dalle quali deriva l'attuale Istituto Superiore di Studi Musicali "Gaetano Donizetti" (il conservatorio di Bergamo) –, e dimostrò ben presto un talento notevole, riuscendo a rimediare alla modesta qualità della voce (era necessario svolgere egregiamente il servizio di cantore per poter proseguire i corsi gratuiti) coi progressi nello studio della musica.
Fu proprio il Mayr ad aprire all'allievo prediletto le possibilità di successo, curandone prima la formazione e affidandolo poi alle cure di Stanislao Mattei. A Bologna, dove proseguiva gli studi musicali, il Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione, che sarà rappresentata postuma, e interessanti composizioni strumentali e sacre. Qui, fra gli altri amici, ebbe modo di legarsi al musicista e patriota Piero Maroncelli, forlivese.
Ancora il maestro Mayr, insieme all'amico Bartolomeo Merelli, gli procurò la prima scrittura per un'opera al Teatro San Luca di Venezia: andrà in scena l'Enrico di Borgogna il 19 novembre 1818.

Conclusa l'esperienza veneziana, il compositore fu a Roma, presso l'impresario Paterni, come sostituto del Mayr. Sul libretto poco felice del Merelli (il Donizetti lo avrebbe definito "una gran cagnara"), scrisse la Zoraida di Granata, che sarebbe comunque stata riveduta due anni dopo, con l'aiuto del Ferretti. Al termine dell'opera si recò a Napoli, per sovrintendere all'esecuzione dell'Atalia del Mayr, oratorio diretto da Gioachino Rossini.
In seguito alla fuga del direttore con la Colbran, l'impresario Barbaja assunse il Donizetti, che esordì il 12 maggio del 1822 con La zingara, opera semiseria su libretto del Tottola. In sala era presente Vincenzo Bellini, che rimase ammirato dalla scrittura contrappuntistica del settimino, ma che in seguito non ricambiò la stima profonda che il Donizetti aveva per lui.
Questo periodo fu caratterizzato dalle numerose farse. La lettera anonima, andata in scena nel giugno del 1822 al Teatro del Fondo, attirò l'attenzione della critica, che apprezzò la padronanza con cui il Donizetti aveva affrontato il genere buffo napoletano.
Il contratto col Barbaja lo impegnò per quattro opere l'anno. Sùbito dopo la rappresentazione dell'Alfredo il Grande, egli mise mano al Fortunato inganno, satira teatrale ispirata ai precedenti di Benedetto Marcello (Il teatro alla moda, 1720) e di Carlo Goldoni (Il teatro comico, 1750), che fu per il Donizetti un esercizio preparatorio per Le convenienze e le inconvenienze teatrali, del 1827, in parte già accennato anche nel personaggio di Flagiolet della Lettera anonima.
Il libretto di quest'opera fu il primo che il Donizetti scrisse da sé. Il compositore aveva avuto un periodo di crisi, che superò grazie alla collaborazione di Jacopo Ferretti, il quale lo aiutò a delineare uno stile personale. L'amicizia e la collaborazione professionale col Ferretti durarono a lungo, destando in lui il gusto per la parola e rassicurandolo sulla possibilità di scrivere libretti anche da sé.
Negli stessi anni dovette preoccuparsi del mantenimento della moglie Virginia, sposata nel 1828, ed ebbe il dolore della perdita del figlio primogenito. La produzione fu talvolta un po' convenzionale.
Gli anni trenta e i primi capolavori

Fu nel 1830, con l’Anna Bolena, scritta in soli trenta giorni per il Teatro Carcano di Milano, che il Donizetti ebbe il primo grande successo internazionale, mostrando una piena maturità artistica. Particolare curioso: dopo il successo dell'Anna Bolena, il Mayr gli si rivolse chiamandolo "maestro". Il rapporto di affetto e stima tra i due compositori rimase saldo fino alla morte.
Di qui in poi, la vita professionale del Donizetti proseguì a gonfie vele, anche se non mancarono i fiaschi, intrecciati a vicende familiari che non gli risparmiarono nessun dolore, spesso proprio nei momenti di maggior gloria e successo.
Il 31 luglio 1830 vi fu la prima assoluta della cantata Il ritorno desiderato per il testo di Domenico Gilardoni con Luigia Boccabadati, Antonio Tamburini e Luigi Lablache al Teatro San Carlo di Napoli.
Nel 1832, dopo l'insuccesso dell'Ugo, conte di Parigi, il pubblico milanese del Teatro della Cannobiana (l'odierno Teatro Lirico) applaudì L'elisir d'amore, su libretto di Felice Romani, da una commedia di Eugène Scribe. L'anno successivo, sempre a Milano, fu presentata con successo la Lucrezia Borgia, per la quale il Donizetti previde una nuova disposizione dell'orchestra: quella a cui si ricorre ancor oggi, con gli archi disposti a semicerchio davanti al podio.
Ricevette poi dal Rossini l'invito di scrivere un'opera per il Théâtre des Italiens di Parigi: nacque così il Marin Faliero, su libretto del Bidera (da Byron), risistemato dal Ruffini, che andò in scena il 12 marzo 1835, senza successo.
Erano passati due mesi dalla rappresentazione dei Puritani di Vincenzo Bellini, quando l'andata in scena della Lucia di Lammermoor ripropose la competizione milanese del 1832 fra la Fausta e la Norma. La stima fra Bellini e Donizetti non fu affatto reciproca: il primo non risparmiò critiche feroci al secondo, che invece ammirò sempre la musica del catanese (Bellini morì in quell'anno, e Donizetti scrisse per lui una Messa di Requiem).
Al Teatro San Carlo di Napoli, di cui fu direttore artistico dal 1822 al 1838, il Donizetti presentò ben diciassette opere in prima esecuzione, fra cui il suo capolavoro, la Lucia di Lammermoor. La prima della Lucia, su versi di Salvadore Cammarano, fu un trionfo. Il capolavoro del Donizetti non fa eccezione: anch'esso fu scritto in tempi ristrettissimi (trentasei giorni). L'anno seguente il Belisario fu applaudito alla Fenice, ma l'anno fu funestato dalla morte del padre, della madre e della seconda figlia. Due anni dopo sarebbero mancate anche la terza figlia e la moglie, che morì di colera il 30 luglio 1837.
Furono momenti di sconforto totale («Senza padre, senza madre, senza moglie, senza figli... per chi lavoro dunque ? ... Tutto, tutto ho perduto»), ma il Donizetti non smise mai di lavorare, componendo in questi anni sia opere buffe sia drammi romantici, come il Roberto Devereux e la Maria de Rudenz.
La tarda maturità
Presto il Donizetti si decise a lasciare Napoli: i problemi con la censura per il Poliuto (che alla fine non andò in scena, e fu rappresentato solo dopo la morte del compositore) e la mancata nomina a direttore del conservatorio (di cui era direttore effettivo) sicuramente lo confermarono nei suoi propositi, e nell'ottobre del 1838 egli era già a Parigi. Qui era ad accoglierlo l'amico Michele Accursi, spia pontificia, che aveva anche lavorato per favorirne la venuta.
In quegli anni le sue opere furono rappresentate ovunque, sia in traduzione sia in lingua originale, presso il Théâtre des Italiens. Scrisse La fille du régiment, che esordì all'Opéra comique nel febbraio del 1840, e preparò una versione francese del Poliuto, intitolata Les martyrs.
L'anno seguente scrisse La favorita, riciclando pagine di un'opera mai conclusa: L'ange du Nisida. Ricevette anche l'importante nomina a cavaliere dell'ordine di san Silvestro da papa Gregorio XVI. Ma fu l'invito del Rossini a dirigere l'esecuzione dello Stabat Mater a Bologna l'avvenimento più significativo. Quindi, grazie a una raccomandazione per Metternich vergata da Rossini stesso, Donizetti partì alla volta di Vienna, dove il 19 maggio presentò la Linda di Chamounix.
Si era ormai giunti al 1843, anno di composizione del Don Pasquale. Il libretto, preparato da Giovanni Ruffini sulla base del Ser Marcantonio dell'Anelli, fu pesantemente rimaneggiato da Donizetti, al punto che l'autore ritirò la firma: l'opera fu per lungo tempo attribuita a Michele Accursio. La firma "M. A." sta invece per "maestro anonimo". Intanto Donizetti si occupò della rappresentazione francese della Linda di Chamounix e terminò la Maria di Rohan: furono gli ultimi momenti di grande fervore creativo, poi la malattia ebbe il sopravvento. Al Teatro Nuovo (Napoli) il 5 ottobre 1843 avviene la prima assoluta del lieder Addio brunetta, son già lontano, il 28 dicembre della romanza Malvina la bella, il 22 febbraio 1844 della barcarola Sovra il remo sta curvato, il 4 aprile della romanza Se a te d'intorno scherza ed il 2 maggio della canzonetta Chi non mi disse un dì.
Dalla penna del maestro uscirono ancora il Dom Sebastien, che riscosse grande successo a Parigi, e la Caterina Cornaro, che fu fischiata, con gran delusione di Donizetti, a Napoli. Poi la pazzia, provocata dalla sifilide, lo fece rinchiudere nel manicomio d'Ivry-sur-Seine, da cui uscì solo qualche mese prima della morte. La sua tomba si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore (Bergamo).