Antonio da Montefeltro, conte e Signore di Urbino, Cagli, Gubbio e Cantiano fu padre di Guidantonio. Diserta dal campo guelfo; tenta di occupare Urbino ma è costretto
ad abbandonare l’impresa perché non sostenuto da forze adeguate. Ripara
a Perugia; da tale località minaccia con continue scorrerie Cagli ed
Urbino, alla cui difesa si trova Pandolfo Malatesta. Rende malsicuro ai
pontifici il possesso di Gubbio, di Città di Castello e della regione
montuosa umbro-marchigiana. Scorre pure sotto le mura di Viterbo e mette
in pericolo la persona stessa del papa Urbano V. La resistenza di Perugia viene meno. Antonio da Montefeltro, assistito
da emissari di Bernabò Visconti, si reca ad Avignone ed ottiene dal
nuovo papa Gregorio XI che gli siano restituiti i beni allodiali e gli
sia concessa una provvigione mensile di 100 fiorini.
Urbino, Cagli, Castel Durante (Urbania), Sant’Angelo in Vado, Mercatello
e tutta la Massa Trabaria si sollevano contro il malgoverno pontificio.
Alla notizia della ribellione di Urbino Antonio da Montefeltro si
muove da Città di Castello con 400 cavalli dei fiorentini; in pochi
giorni scaccia dalla città e da Cagli Galeotto Malatesta e ne viene
proclamato signore dalle popolazioni. Si impossessa pure dei relativi
castelli con l’ausilio di Gabriele e di Ugolino Gabrielli. Combatte Galeotto Malatesta fra Cagli e Gubbio; toglie ai Gabrielli
Castiglione dei Ciccardi che è fatto diroccare; si accorda con Cante
Gabrielli e fronteggia Taddeo da Cagli che sta depredando il territorio
circostante partendo dal castello di Mezzieno; contrasta il vescovo di
Urbino Claro Peruzzi, un fiorentino, che considera Antonio da
Montefeltro alla stregua di uno spoliatore di chiese. Insidia i possessi malatestiani fin sulle porte di Rimini senza dare tregua a Galeotto Malatesta.
Alla conclusione della guerra degli Otto Santi si rappacifica con
Galeotto Malatesta e con i pontifici. Viene investito dal papa Urbano VI
dei vicariati di Urbino, Cagli e di altre terre. on l’intermediazione degli ambasciatori perugini viene confermata la
tregua con Galeotto Malatesta: gli sono confermati i possessi detenuti
nei distretti di Cesena, di Sant’ Arcangelo di Romagna e di Fano; i
Malatesta sono, viceversa, rassicurati su quelli controllati nel
Montefeltro, nella Massa Trabaria e nel contado di Cagli. Sempre a
settembre, in occasione della pace tra Montalboddo (Ostra) ed Ancona,
Antonio da Montefeltro si fa garante del rispetto degli accordi
intercorsi da parte del signore della prima località Antonio dei
Paganelli.
E’ chiamato a far parte del consiglio di reggenza del ducato con
Alberico da Barbiano, Carlo e Pandolfo Malatesta, i vescovi di Pavia, di
Novara, di Pisa e di Feltre, Francesco Gonzaga, Giovanni Colonna, Paolo
Savelli, Jacopo dal Verme, Baldassarre Spinola, Leonardo Doria, il
camerario Francesco Barbavara, il cancelliere Giovanni da Carnago, i due
consiglieri Pietro di Corte e Filippo dei Migli.
Si impossessa del castello di Colmatraio nei pressi di Cantiano;
costringe a rinchiudersi nella rocca più grande la moglie di Francesco
da Cantiano. Occupa di sorpresa la rocca di Cantiano; per altre fonti la ottiene a
patti da Francesco da Cantiano con l’approvazione dei fiorentini, in
cambio di 8000 fiorini e dell’acquisto di tutti i beni che Francesco da
Cantiano possiede a Gubbio e nella stessa Cantiano. La pace con Carlo Malatesta è caratterizzata da una duplice promessa di
matrimonio: il figlio Guidantonio si sposerà con la sorella di Carlo
Malatesta, Rengarda; Galeotto Belfiore Malatesta convolerà a nozze con
la figlia del Montefeltro.
Muore a fine mese ad Urbino. E’ sepolto nella chiesa dei frati minori
osservanti. Si circonda di una corte di artisti e di letterati, tra i
quali si nota Simone Sudini, detto il Saviozzo. Ordina imponenti opere
di architettura ad Urbino. Autore di alcuni sonetti. Sposa Agnesina di
Vico.