Personaggio storico Mafalda Di Savoia

Nato nel: 1902  - Deceduto nel: 1944
Mafalda di Savoia nata principessa d'Italia, poi d'Etiopia e Albania, divenne Langravia titolare d'Assia-Kassel per matrimonio. Figlia secondogenita di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, soprannominata Muti era di indole docile e obbediente. Ereditò dalla madre Elena il senso della famiglia, i valori umani, la passione per la musica e per l'arte. Trascorse la sua infanzia nell'ambiente familiare accanto alla madre e alle sorelle Giovanna, Jolanda e Maria Francesca; le vacanze si svolgevano a Sant'Anna di Valdieri, a Racconigi e a San Rossore con la partecipazione di tutta la famiglia. Durante la prima guerra mondiale, con le sorelle, seguì la madre nelle sue frequenti visite ai soldati e agli ospedali, venendo così coinvolta nelle attività materne di conforto e cura alle truppe.
Si sposò a Racconigi, il 23 settembre 1925, con il principe tedesco Filippo, Langravio d'Assia-Kassel, figlio del Langravio Federico Carlo d'Assia-Kassel, che fu per pochi mesi del 1918 re di Finlandia e Carelia.
Come dono di nozze ebbero una pianta carnivora e un casale, situato tra i Parioli e la villa Savoia, a cui gli sposi dettero il nome di Villa Polissena, in memoria della principessa Polissena Cristina d'Assia-Rotenburg, seconda moglie di Carlo Emanuele III di Savoia.
Fu il periodo dell'ascesa in Italia del fascismo, visto da Mafalda con simpatia. Per la nascita dei suoi figli, Hitler le conferì la croce al merito (come a tutte le mamme di numerosa prole). Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò a suo marito Filippo un grado nelle SS e vari incarichi.

Nel settembre del 1943, alla firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re trasferirono la capitale al Sud, ma Mafalda, partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, non fu messa al corrente dei pericoli, forse per paura che informasse il langravio suo marito, che era agli ordini del Führer. Seppe quindi dell'armistizio mentre era in Romania. Ne venne informata nel suo viaggio di ritorno, alla stazione ferroviaria di Sinaia, in piena notte, dalla regina Elena di Romania, che aveva fatto fermare appositamente il treno e aveva tentato di farla desistere dal rientro in Italia. Consiglio che Mafalda decise di non seguire.
Dopo i funerali del cognato Boris III, la principessa Mafalda decise di rientrare a Roma per congiungersi con i figli e la famiglia, incurante dei rischi: benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata.

Dopo Sinaia, la prima tappa fu l'Ambasciata Italiana di Budapest. Lasciato il treno, l'11 settembre, la principessa prese un aereo procurato dai diplomatici italiani con destinazione Bari. Ma l'aereo si fermò a Pescara. Per otto giorni la principessa alloggiò a Chieti, in un palazzo vicino alla Prefettura.

Con mezzi di fortuna, il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e fece appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da Monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI), escluso il maggiore, Maurizio, che era già in Germania, come il padre.

Il 23 mattina, all'improvviso, venne chiamata al comando tedesco con tutta calma, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg. Mafalda venne subito arrestata e imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, fu trasferita poi a Berlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).

Le venne fatto divieto di rivelare la propria identità segreta (per scherno i nazisti la chiamano Frau Abeba). Nel campo di concentramento le venne riconosciuto un particolare riguardo: occupava una baracca ai margini del campo insieme ad un ex-ministro socialdemocratico e sua moglie; aveva lo stesso vitto degli ufficiali delle SS, molto più abbondante e di migliore qualità rispetto agli altri internati. Le venne assegnata come compagna di camera la signora Maria Ruhnan, Testimone di Geova deportata per motivi religiosi; questa fu una figura molto importante per la principessa, la quale in punto di morte chiese che il suo orologio le fosse regalato come segno di riconoscenza. "Mettendola accanto a Mafalda, le SS erano sicure che, interrogandola, avrebbe riferito tutto quanto la principessa le avesse confidato.". Il regime, pur privilegiato rispetto a quello di altri prigionieri, fu comunque duro: la vita del campo e il freddo invernale intenso la provarono molto. Malgrado il tentativo di segretezza attuato dai nazisti la notizia che la figlia del Re d'Italia si trovava a Buchenwald si diffuse.

Dalle testimonianze si apprende che i prigionieri italiani avevano sentito dire di una principessa italiana reclusa e che un medico italiano lì rinchiuso le aveva prestato soccorso. Si sa anche che mangiava pochissimo e che quando poteva faceva in modo che quel poco che le arrivava in più fosse distribuito a chi aveva più bisogno di lei.

Nell'agosto del 1944 gli anglo-americani bombardarono il lager; la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta e lei riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo. Fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la gangrena e le fu amputato un braccio. L'operazione ebbe una lunghissima, sconcertante durata. Ancora addormentata, Mafalda venne abbandonata in una stanza del postribolo, privata di ulteriori cure e lasciata a sé stessa. Morì dissanguata, senza aver ripreso conoscenza, nella notte del 28 agosto 1944.

L'opinione del dottor Fausto Pecorari, radiologo internato a Buchenwald, è che Mafalda sia stata intenzionalmente operata in ritardo (seppur con procedura in sé impeccabile) per provocarne la morte. Il metodo delle operazioni esageratamente lunghe o ritardate era già stato applicato a Buchenwald, ed eseguito sempre dalle SS su alte personalità di cui si desiderava sbarazzarsi.

Il suo corpo, grazie al prete boemo del campo, padre Tyl, non venne cremato, ma messo in una bara di legno e seppellito in una fossa comune. Solo un numero: 262 eine unbekannte Frau (una donna sconosciuta). Trascorsi alcuni mesi, sette italiani, già appartenenti alla regia marina Giovanni Colaruotolo, Corrado Magnani, Antonio Mitrano, Erasmo Pasciuto, Antonio Ruggiero, Apostolo Fusco e Giosuè Avallone, tutti originari di Gaeta catturati al deposito militare di Pola, dopo l'8 settembre 1943 furono deportati a Weimar, dove rimasero fino al luglio 1945, quando furono liberati dagli Americani. Nelle vicinanze del loro campo, c'era il lager di Buchenwald dove, avevano saputo, era prigioniera, insieme ad ebrei e politici, la principessa Mafalda di Savoia. Dopo la liberazione, i marinai di Gaeta decisero di recarsi al campo di concentramento di Buchenwald per mettersi alla ricerca della principessa e rinchiusi come lei nei campi di concentramento nazisti, non appena liberi, seppero trovare fra mille la sua tomba anonima e si tassarono per apporvi una lapide identificativa.

Il dottor Fausto Pecorari, subito dopo essere rientrato a Trieste, si recò personalmente a Roma dal Regio Luogotenente principe Umberto per comunicargli la triste notizia del decesso per assassinio della principessa Mafalda.

La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

Mafalda Di Savoia Dove ha soggiornato

Castello Romeo

 Via Montelaguardia, 15 - 95036 Randazzo - Catania
Castello, Wedding

Il Castello Romeo è un maniero del 1700 di grande fascino situato nella frazione randazzese di Montelaguardia. Da qui domina il territorio dell’Alcantara da una terrazza naturale con alle spalle... vedi

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