Personaggio storico Maria José del Belgio

Nato nel: 1906  - Deceduto nel: 2001

Marie José Carlotta Sofia Amelia Enrichetta Gabriella di Sassonia Coburgo-Gotha, nota come Maria José del Belgio, nata principessa del Belgio, fu l'ultima regina d'Italia come consorte di Umberto II di Savoia. Poiché il suo regno durò solamente dal 9 maggio al 18 giugno 1946, venne soprannominata dagli italiani Regina di maggio. 

Era figlia di Alberto I di Sassonia-Coburgo-Gotha, divenuto re dei belgi dal 1909, e di Elisabetta di Wittelsbach, nata duchessa in Baviera.

I suoi nonni paterni erano il conte Filippo di Fiandra e la principessa Maria di Hohenzollern-Sigmaringen; quelli materni il duca in Baviera Carlo Teodoro e la sua seconda moglie Maria José di Braganza, nata infanta di Portogallo.

Crebbe con i due fratelli maggiori Leopoldo e Carlo Teodoro in un ambiente famigliare aperto, intriso di cultura, dove, grazie ai vasti interessi dei genitori, sviluppò sia le sue doti artistiche studiando il pianoforte e il violino, sia le sue doti sportive e apprese, guidata dal padre, il quale era tra l'altro incline alle idee socialiste, sia la cultura classica sia quella contemporanea.

Durante la sua infanzia dovette affrontare il tragico periodo della prima guerra mondiale, durante il quale venne mandata con i fratelli a vivere in Inghilterra, mentre il padre in patria comandava personalmente l'esercito belga, guadagnandosi il soprannome di "Re cavaliere", e la madre svolgeva attività di assistenza presso i feriti.

Venne educata per un matrimonio reale e destinata dai genitori, fin da piccola, a sposare Umberto di Savoia, erede al trono d'Italia figlio di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro. Per questo motivo frequentò il collegio della Santissima Annunziata a Villa di Poggio Imperiale, dove apprese la lingua italiana. Il primo incontro dei due futuri sposi avvenne nel 1916, al castello di Lispida a Battaglia Terme. Terminati gli studi in Italia nel 1919, si iscrisse al collegio delle suore del Sacro Cuore di Linthout, in Belgio; in precedenza, nel 1915 (mentre era rifugiata in Inghilterra), aveva studiato presso il convento delle Orsoline di Brentwood.

Le nozze con il Principe di Piemonte furono celebrate a Roma l'8 gennaio del 1930 nella Cappella Paolina del palazzo del Quirinale. Dopo la funzione gli sposi furono ricevuti da Pio XI, il Papa che l'anno prima aveva stipulato i Patti Lateranensi, nel quadro di un chiaro disgelo fra Italia e Vaticano.

La coppia trascorse i primi anni di matrimonio a Torino, dove Umberto comandava il 92º reggimento di fanteria con il grado di colonnello. Maria José non ebbe mai buoni rapporti con i membri di Casa Savoia. La sua provenienza dal più aperto ambiente reale belga e l'educazione di stampo moderno che aveva ricevuto, si scontravano con il rigore della più chiusa monarchia italiana. La più classica educazione e istruzione dello stesso Umberto e, soprattutto, il ligio ossequio del principe all'etichetta, alle regole e all'autorità paterna, furono tutti fattori di ostacolo alla riuscita della sua unione, già non perfetta, con l'erede al trono. Negli anni torinesi la principessa preferì sottrarsi ai rapporti con gli esponenti della nobiltà e con la cerchia delle amicizie del marito, ritagliandosi spazi e frequentazioni personali. Anche a Roma, nell'appartamento privato del Quirinale, dotato di pianoforte a coda, ricevette filosofi, intellettuali e scrittori in modo del tutto indipendente da Umberto.

Diverso e, sotto alcuni aspetti più felice, fu il periodo trascorso da Maria José e Umberto a Napoli, dove essi si trasferirono nel 1933; la principessa avrebbe conservato un ottimo ricordo dei napoletani. Di certo la vita di coppia venne allietata in questo periodo dalla nascita di tre dei loro quattro figli: Maria Pia il 24 settembre 1934; il futuro erede al trono Vittorio Emanuele il 12 febbraio 1937; Maria Gabriella il 24 febbraio 1940. La quartogenita, la principessa Maria Beatrice, nacque a Roma il 2 febbraio 1943.

Maria José si occupò personalmente dei suoi figli, sia nei soggiorni autunnali al Castello Reale di Racconigi sia in quelli estivi di Villa Maria Pia a Posillipo. Sul piano educativo non ottenne però la possibilità di lasciare loro frequentare la scuola pubblica, ma dovette accontentarsi di un'istitutrice montessoriana, la signorina Paolini, che fu molto amata dai bambini e che li avrebbe seguiti fino alla caduta della monarchia e il conseguente esilio.

Nei medesimi anni, tuttavia, gravi lutti familiari colpirono la Principessa. Il 17 febbraio 1934, in un incidente di montagna, morì l'amato padre Alberto, proprio mentre Maria José era in attesa della prima figlia. La circostanza sconsigliò la sua stessa partecipazione al funerale. Appena un anno dopo, il 29 agosto 1935, un incidente automobilistico avrebbe ucciso la cognata Astrid di Svezia, moglie di Leopoldo III del Belgio nei pressi di Küssnacht in Svizzera.

La permanenza a Napoli si protrasse fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando la famiglia si trasferì al Quirinale. Ai luoghi maggiormente amati in Italia da Maria José, oltre al Castello di Racconigi e Napoli, devono aggiungersi Capri e Firenze.

Determinanti nel suo approccio all'Italia furono gli ottimi rapporti che intercorrevano tra Mussolini e la famiglia Savoia: di considerazione e rispetto da parte del primo e di stima e ammirazione da parte dei secondi. Tutto questo portò la Principessa a considerare, in un primo tempo, in modo favorevole la politica del Partito Fascista.

Le cose cominciarono a cambiare quando si delineò l'alleanza con la Germania e la sudditanza nei confronti di Hitler. Nel 1935 vi fu la Guerra d'Etiopia, che valse all'Italia le sanzioni della Società delle Nazioni e la condanna delle maggiori potenze europee e mondiali. Nel 1936 venne firmato il trattato di amicizia tra Italia e Germania, chiamato Asse Roma-Berlino. Nel 1938 vi fu la promulgazione delle leggi razziali. Quando, sempre nel 1938, Hitler fece visita in Italia ospite al Quirinale, Maria José provava già sentimenti di ostilità nei confronti dell'operato di Mussolini e anche Umberto, del resto, faticava a nascondere un certo dissenso.

Da questo momento in avanti Maria José cercò di avere contatti molto limitati anche con le altre principali personalità del regime, e alcune di esse furono messi addirittura al bando pubblicamente, come Achille Starace, Ettore Muti, Roberto Farinacci e Alessandro Pavolini. Anche a Umberto erano graditi solo coloro che anche la moglie accettava, cioè i fedeli monarchici come Emilio De Bono, Italo Balbo e Cesare Maria De Vecchi. Ma mentre Umberto si atteneva scrupolosamente alle regole del regime, Maria José frequentava chiunque le aggradasse, senza preoccuparsi delle conseguenze. Umberto però non fece nulla per dissuadere la moglie ad agire in questo modo.

Nel 1932 fece visita al Vittoriale da Gabriele d'Annunzio; di questa visita conservò un divertente ricordo; nell'estate del 1935 i Principi si recarono a Tripoli dal maresciallo Italo Balbo, esiliato in Libia; in seguito vi ritornò altre volte senza Umberto; nel 1939 assisté, sola, a Lucerna al concerto di Arturo Toscanini, l'ultimo che il maestro tenne in Europa. Durante i suoi frequenti soggiorni all'estero volle conoscere anche Thomas Mann, Giuseppe Antonio Borgese, Maurice Maeterlinck, tutte persone considerate fuorilegge dal regime, ma con le quali lei intrattenne duraturi rapporti di sincera amicizia.

Mussolini, dal canto suo, trattò sempre Maria José con una certa freddezza, volle essere informato di ogni sua mossa e affidò la sorveglianza della Principessa al capo della Polizia, Arturo Bocchini, fino al 1939, cioè fino a quando ritenne di avere sottomesso i Savoia, con lo stravolgimento dello Statuto Albertino e con l'intervento del Gran consiglio nella successione al trono. Inoltre egli proibì espressamente ai mezzi di informazione di nominare Umberto e Maria José come Principi ereditari, e li obbligò a chiamarli solamente Principi di Piemonte.

Il 1º settembre 1939 la Germania invase la Polonia, dando così inizio al secondo conflitto mondiale, che terminerà nel 1945. L'Italia entrò ufficialmente in guerra il 10 giugno 1940, dichiarando guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Una decisione avventata da parte di Mussolini che conosceva bene l'impreparazione dell'esercito italiano e che valutò male i tempi della durata del conflitto.

Nell'ottobre dello stesso anno l'Italia invase anche la Grecia, nonostante le risorse del Paese non fossero sufficienti a sostenere tale azione. La guerra di Grecia si rivelò infatti una disastrosa sconfitta e la posizione di Mussolini si indebolì progressivamente. Alla luce di questi fatti Maria José, che aveva sempre sostenuto che l'Italia non avrebbe mai potuto vincere la guerra e che l'unico modo per risparmiare al popolo delle inutili sofferenze era quello di eliminare Mussolini e il fascismo[6], intraprese, a partire dal 1941 fino al colpo di Stato del 25 luglio 1943, un'azione segreta volta a collegare l'ambiente antifascista direttamente con i Savoia.

Incurante dei rischi che correva, incontrò personaggi come Benedetto Croce, del quale aveva letto le opere prima di giungere in Italia, Umberto Zanotti Bianco, liberale fortemente contrario al regime, Ugo la Malfa, Carlo Antoni, Ferdinando Arena, che divenne anche suo medico personale, Ivanoe Bonomi, Elio Vittorini, Alcide de Gasperi, Monsignor Montini allora sostituto segretario di Stato di papa Pio XII e moltissimi altri. Mussolini, nonostante fosse al corrente delle azioni della Principessa, non fece nulla per impedire il suo operato. Di ogni cosa che veniva a sapere Maria Josè informava il suocero tramite il Ministro della Real Casa Pietro d'Acquarone. Nell'ambiente della monarchia ella venne definita da molti l'unico uomo di Casa Savoia. Dopo il bombardamento su Roma del 19 luglio 1943 il Re si decise ad agire.

Il 25 luglio Maria José seppe del risultato della seduta del Gran Consiglio e dell'arresto di Mussolini due ore prima che la notizia fosse diffusa dalla radio. Pietro Badoglio annunciò di essere il nuovo capo del Governo dichiarando: "la guerra continua al fianco dell'alleato germanico".

Il 6 agosto Maria José venne convocata dal suocero, il quale non le parlava direttamente da più di due anni, e le venne espressamente ordinato di troncare immediatamente ogni rapporto con l'opposizione antifascista e ogni attività politica; inoltre la costrinse a ritirarsi con i quattro figli nella residenza estiva dei Savoia a Sant'Anna di Valdieri, sotto la sorveglianza della cognata Jolanda, e di rimanervi fino a che lui stesso non l'avesse espressamente richiamata a Roma. L'8 settembre la Principessa si trovava a Sarre, dove si era trasferita da dieci giorni e, come il resto degli italiani, apprese la notizia dell'Armistizio dalla radio.

In questo momento di grave pericolo per i membri della famiglia reale e, in particolar modo, per il nipote maschio del Re, Maria José e i suoi figli riuscirono comunque a rifugiarsi in Svizzera a Montreux. Poi dovettero spostarsi a Glion, perché la polizia elvetica venne a conoscenza di un piano di Hitler per rapire il piccolo Vittorio Emanuele. Infine si stabilirono a Oberhofen sul Lago di Thun.

Solo nel febbraio del 1945, mentre la Germania stava cadendo, Maria José si decise a rientrare in Italia. Fu un percorso durissimo in pieno inverno e con gli sci ai piedi attraversò il confine sulle Alpi, scortata da due guide e dai pochi uomini che le erano rimasti vicino. Ad accoglierla in Italia c'erano i partigiani che la scortarono fino a Racconigi. Qui attese fino al giugno seguente, quando fu mandato un aereo per portarla a Roma, dove ad aspettarla c'era Umberto. Non si vedevano da circa due anni. 

L'ultimo anno che trascorse in Italia fu in solitudine. Umberto era sempre lontano impegnato nel suo nuovo ruolo di luogotenente del Regno, e comunque fra i due coniugi ormai vi era una frattura insanabile. Riprese a fare l'ispettrice della Croce Rossa, visitando i posti più colpiti dalla guerra e fu proprio mentre tornava da Cassino, da una di queste visite, che venne informata di essere regina. Era il 9 maggio del 1946. Il Re aveva abdicato in favore di Umberto. Fonti contemporanee riportano che non manifestò nessun entusiasmo, ma che era già rassegnata alla previsione che la monarchia avrebbe perso il referendum che si sarebbe tenuto di lì a poco, il 2 giugno.

Il 5 giugno Umberto la informò che l'Italia era una Repubblica e le comunicò che sarebbe partita la sera stessa per Napoli e, il giorno seguente, per il Portogallo. Pregò il marito di lasciarle un giorno in più per poter rivedere Napoli, ma Umberto non lo permise[6], in quanto così aveva promesso ad Alcide De Gasperi. Egli la raggiunse dopo una settimana a Cascais, ma si separarono quasi subito. Con la scusa di dover subire un'operazione agli occhi Maria José si trasferì in Svizzera a Merlinge, con il figlio Vittorio Emanuele. Le tre figlie, rimaste in Portogallo con il padre, la raggiunsero in seguito vari anni dopo.

In questi anni viaggiò moltissimo visitando la Cina, l'India, l'Unione Sovietica, la Polonia, Cuba e anche gli Stati Uniti d'America, prima con la madre Elisabetta, poi da sola. Si dedicò anche a studi storici su Casa Savoia pubblicando vari volumi, e alla cultura musicale istituendo un premio di composizione. Ricevette dalla Repubblica francese la Legion d'onore per i suoi scritti sui Savoia. Ebbe il permesso di rientrare in Italia soltanto nel 1987, in quanto vedova, ma vi rientrò solo il 1º marzo 1988 per assistere a un convegno storico nella città di Aosta.

Morì il 27 gennaio 2001 a Ginevra e per suo espresso volere venne sepolta nell'Abbazia di Altacomba in Alta Savoia a fianco del marito.

Maria José del Belgio Dove ha soggiornato

Castello di Lispida

 Via IV Novembre, 4 - 35043 Monselice - Padova
Castello, Palazzo

Sulle fondamenta di un antico monastero, il Castello di Lispida offre una piscina coperta e sistemazioni immerse nel verde della natura. Dotato di una cantina propria, è il luogo ideale per... vedi

Servizi offerti

Affitto per Cerimonie / Convegni, Bed&Breakfast o Appartamenti in affitto, Enoteca / Cantina, Parco / Labirinto / Laghetto, Piscina

Epoca
Ottocento
Settecento

Dove
Italia, Padova