Personaggio storico Piccolomini

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Questa famiglia ha origini molto antiche. Come afferma il Malavolti, è plausibile che i Piccolomini siano di origine franca o germanica, alla stregua di molte altre antiche famiglie senesi del tempo, così, come sembrerebbe emergere da un atto di compravendita del 1098, ove un Martino di Piccolomo dichiarava di vivere insieme alla moglie Rozza sotto la legge longobarda.

Intorno alla metà del XV secolo cominciarono a fiorire scritti sulla origine mitica della famiglia. Il poeta fiorentino, Leonardo Dati, alla corte di Papa Pio II, tradusse, dal latino, un libretto di Caio Vibenna, in cui compariva un Bacco di Piccolomo, signore del castello di Montone, chiamato dal re Porsenna a soccorrere, Tarquinio il Superbo scacciato da Roma.

Il papa Piccolomini, lungi dal farsi tentare da queste suggestioni mitiche, era comunque convinto, che la sua famiglia affondasse le radici nell'antica Roma, per il frequente ricorrere dei nomi Silvio, Enea o Ascanio.

Nel XVII secolo due fratelli Piccolomini, del ramo di Modanella si accingevano a fare un grande albero genealogico della famiglia. Per suggellare, con una certificazione legale, la loro antica genealogia, diedero incarico ad un notaio, Alessandro Rocchigiani, di mettere ordine nelle varie fonti che dissertavano sull'origine della famiglia. Evidentemente il fascino del mito, misto alla riverenza dovuta agli illustri committenti, invece di eliminare le componenti leggendarie finì per aumentarle. Orazio Coclite, fu indicato con certezza, dallo zelante notaio, come nuovo capostipite della famiglia. Indubbiamente alcune coincidenze destano stupore. Infatti, nella colonna che ornava il Campidoglio, risaltava scolpita, nello scudo dell'antico romano, la sua impresa, identica a quella della famiglia senese.

Una volta agganciata ad Orazio, la stirpe dei Piccolomini aveva, nell'antica Roma, il nome di Parenzi e da qui, poi un suo componente, scelse come nuova residenza la colonia Senese. Dove abbandonò il suo nome, Chiaramontese, per mutarlo in Piccholuomo.

In tempi più recenti, il riferimento più antico ai Piccolomini, emerge quando Siena non era ancora eretta a Repubblica. L'imperatore Arrigo II, nominò Salamone Piccolomini, suo procuratore e governatore del territorio senese, nel 1055 e secondo quanto asserisce il Bisdomini, lui e suo fratello Matteo costruirono due torri cittadine, di cui, una, sulla strada che conduceva a Roma.
In quel tempo il loro stemma non era ancora ben definito, e spesso nella croce azzurra apparivano più mezzelune delle cinque comunemente conosciute.

Sono ricordati come appartenenti ai Grandi di Siena e furono fra i primi ad essere ascritti al monte dei Gentiluomini. Rustichino di Orlando e Guglielmo di Piccholuomo parteciparono al governo della città come "Consoli" della giovane Repubblica nel 1160 e nel 1170. Rainerio di Montonio e Rustichino di Piccolomo nel 1178 e 1228.

Già da tempi molto remoti possedevano il castello di Val di Montone che sorgeva su uno dei tre colli a ridosso dei quali si sarebbe poi sviluppato il tessuto urbanistico della Siena medioevale. Nel 1220, Engelberto o Inghilberto d'Ugo Piccolomini ricevette il feudo di Montertari in Val d'Orcia dall'imperatore Federico II come premio per i servizi resi.

La famiglia acquisì palazzi e torri a Siena e vari castelli nel territorio della Repubblica. Alcuni fra le più antiche di queste proprietà, come Montone e Castiglione, furono venduti a Siena, nel 1321.

I Piccolomini ottennero grandi ricchezze tramite il commercio e stabilirono uffici contabili a Genova, Venezia, Aquileia, Trieste e in varie città di Francia, Inghilterra, Germania ed Austria.

Sostenitori della causa guelfa, allorché la parte ghibellina, nel 1260 con la Battaglia di Montaperti trionfò in Toscana, furono costretti, come tanti altri, a prendere la via dell'esilio e le loro case e possedimenti vennero devastati e distrutti. Rientrarono in patria con l'aiuto francese, ma furono nuovamente scacciati durante il breve regno di Corradino di Svevia. Dopo le battaglie di Tagliacozzo (1268) e Colle val'Elsa (1269), nelle quali gli Svevi e la parte ghibellina furono definitivamente sconfitti da Carlo I d'Angiò, i Piccolomini tornarono trionfalmente a Siena e perseguirono con determinazione gli appartenenti alla fazione ghibellina.

Queste continue lotte tra diverse fazioni, indebolirono sensibilmente, l'influenza commerciale della Repubblica, a tutto vantaggio dei rivali fiorentini, che forti della vittoria guelfa andarono ad occupare i più importanti nodi commerciali, prima detenuti dai senesi. In questo contesto, i Piccolomini, più lungimiranti di altri si ritirarono dal commercio, evitando la lunga catena di fallimenti che coinvolse altre potenti famiglie senesi.

Mentre continuavano a dedicarsi al consolidamento delle loro ricchezze e del loro dominio terriero, seppure con discrezione e riservatezza, rimasero ai vertici dello stato e parteciparono attivamente al governo della repubblica, essendo il loro prestigio rimasto inalterato.

Attraverso i vari rami della famiglia estesero, nel corso degli anni successivi, le loro signorie ad Alma, Castiglioncello, Amorosa, Roccalbegna, Torre a Castello, Porrona, Triana, Castiglione d'Orcia, Ripa d'Orcia, Batignano, Celle, Castiglione della Pescaia, Radicofani, la citata Montertari, Sticciano, Modanella, Montemarciano, Camporsevoli, l'Isola del Giglio, Castiglion del Bosco, Capestrano, Celano, Amalfi, Nacod in Boemia, Valle nel Regno di Napoli.

Inoltre possedevano Corsignano, chiamato poi Pienza, la fortezza di Castiglion Baroti, Bibbiano Cacciaconti e Bibbiano Guilleschi, Castelnuovo Berzi e vasti territori a Montalcino, Rosia, Radi, Arbiola, Asciano, Abbadia Ardenga, Montefollonico, Rapolano, Poggio S. Cecilia, Montichiello, Bettolle, Vergelle ed altri luoghi minori.

Piccolomini Dove ha soggiornato

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