Personaggio storico Barnaba Chiaromonti

Nato nel: 1742  - Deceduto nel: 1823
Papa Pio VII, al secolo Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, fu il 251º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (1800-1823); apparteneva all'ordine benedettino.
Nacque a Cesena, penultimo figlio del conte Scipione Chiaramonti e di Giovanna Coronata Ghini dei marchesi Ghini, nobile casato di Romagna, Conti, Patrizi di Cesena e di San Marino, Cavalieri di San Giovanni e Frieri dell'Ospedale di Santo Spirito. La madre, donna di profonda religiosità, entrerà in seguito tra le monache Carmelitane a Fano. Attraverso la famiglia della madre, inoltre, Barnaba era imparentato con Angelo Braschi, suo predecessore con il nome di Pio VI.
Al contrario dei suoi fratelli, non completò gli studi nel Collegio dei nobili di Ravenna ma, all'età di 14 anni, entrò nel monastero benedettino di Santa Maria del Monte nella sua città natale, prendendo il nome di Gregorio. I suoi superiori, resisi conto delle capacità del giovane, lo inviarono prima a Padova e successivamente a Roma al collegio di Sant'Anselmo, nell'abbazia di San Paolo fuori le mura, perché si perfezionasse nello studio della teologia.
Divenuto professore di teologia, cominciò a insegnare nei collegi dell'ordine a Parma e a Roma. Nel febbraio 1775, con l'elezione a papa del concittadino Angelo Braschi, fu nominato priore dell'Abbazia benedettina di San Paolo a Roma. Il 16 dicembre 1782, Pio VI lo nominò vescovo di Tivoli. Il 14 febbraio 1785, per l'eccellente condotta tenuta in questa carica, ricevette la porpora cardinalizia e la cattedra vescovile di Imola.
Qui venne ricordato soprattutto per il suo carisma personale e per il suo amore per la cultura. Chiaramonti non faceva mistero di possedere nella sua biblioteca perfino l'Enciclopedia di d'Alembert. Del resto erano note le sue aperture alle idee moderne: nel 1797 suscitò scalpore una sua omelia, pronunciata nella cattedrale di Imola, in cui sosteneva la conciliabilità del Vangelo con la democrazia: “Siate cristiani tutti d'un pezzo e sarete anche dei buoni democratici”.

Alla morte di Pio VI, il Sacro Collegio, convocato dal decano cardinal Giuseppe Albani, si riunì in conclave a Venezia sotto ospitalità austriaca, poiché in quel periodo Roma era occupata dalle truppe francesi. Prima ancora che iniziasse il conclave, la situazione politica a Roma era mutata. Il 19 settembre 1799 i francesi avevano abbandonato l'Urbe; il 30 settembre la città era stata occupata dai napoletani, che avevano posto fine alla Repubblica Romana.
I cardinali, appena 35, quasi tutti italiani, si riunirono il 30 novembre 1799 nel monastero di San Giorgio. Ben presto i voti si concentrarono su due candidati: il card. Alessandro Mattei, arcivescovo di Ferrara, antifrancese, e il card. Carlo Bellisomi, vescovo di Cesena, la cui posizione era più conciliante. Passarono tre mesi interi senza che si delineasse una soluzione. Per uscire dall'impasse, monsignor Ercole Consalvi, il segretario del conclave, propose un terzo candidato: il vescovo di Imola, Barnaba Chiaramonti. In poco tempo i voti si convogliarono su di lui. Anche il cardinale e arcivescovo francese Jean-Siffrein Maury ebbe un ruolo decisivo nella sua elezione.
Il 14 marzo 1800 Chiaramonti fu eletto papa all'unanimità. Risultò scontata quindi la scelta del nome pontificale Pio VII in onore del predecessore Pio VI suo concittadino e grande amico a cui doveva la nomina a vescovo di Imola e la porpora cardinalizia. L'imperatore d'Austria chiese al nuovo pontefice la cessione delle Legazioni di Bologna, Ferrara, Imola e Ravenna. Pio VII rispose negativamente alle pretese imperiali; decise peraltro di conservare il titolo di vescovo di Imola. Francesco II, contrariato, vietò l'incoronazione del papa nella basilica di San Marco. Pio VII fu incoronato nella basilica di San Giorgio Maggiore.
Il nuovo pontefice si trattenne nel Veneto per alcuni mesi, durante i quali visitò quasi tutte le chiese e ricevette l'omaggio di tutte le congregazioni religiose; durante tale periodo effettuò una visita a Padova, dove era stato da giovane a Santa Giustina. Nonostante la contrarietà dell'imperatore d'Austria, si impose a questi nel suo desiderio di indipendenza e di andare a Roma.

Fatta rotta da Venezia a Pesaro sulla fregata austriaca "Bellona", raggiunse la Città Eterna seguendo il percorso della via Flaminia. A Fano rese omaggio alle spoglie di sua madre nel Carmelo. In luglio il Pontefice fece finalmente il suo ingresso a Roma, accolto dalla nobiltà romana e dal popolo in tripudio. Trovò le casse dello stato vuote: il poco che i francesi avevano lasciato venne sperperato dai napoletani. In agosto nominò Consalvi, cui in gran parte doveva la tiara, cardinale diacono e Segretario di Stato, per poi iniziare ad occuparsi alacremente delle riforme amministrative, divenute ormai improrogabili. Nella scelta del nuovo segretario, Pio VII non si fece influenzare dalle potenze straniere, specialmente dall'Impero austriaco, che voleva fosse nominato un prelato di suo gradimento.
La sua attenzione si concentrò subito sullo stato di anarchia in cui versava la Chiesa francese la quale, oltre ad essere travagliata dal vasto scisma causato dalla costituzione civile del clero, aveva a tal punto trascurato la disciplina che gran parte delle chiese era stata chiusa, alcune diocesi erano prive di vescovo, mentre altre ne avevano addirittura più di uno, mentre il giansenismo e la pratica del matrimonio degli ecclesiastici si stavano diffondendo e fra i fedeli serpeggiavano l'indifferenza se non, addirittura, l'ostilità. Incoraggiato dal desiderio del Bonaparte di ristabilire il prestigio della Chiesa cattolica in Francia, Pio VII negoziò il famoso Concordato del 1801, sottoscritto a Parigi il 15 luglio e successivamente ratificato il 14 agosto dello stesso anno. L'importanza di questo accordo fu tuttavia notevolmente stemperata dai cosiddetti articoli organici aggiunti dal governo francese l'8 aprile 1803. La Francia ritrovò la libertà di culto che la rivoluzione aveva soppresso.

Nel 1804 Napoleone iniziò a trattare con il Papa la propria formale e diretta investitura come imperatore. Dopo alcune esitazioni Pio VII si lasciò convincere a celebrare la cerimonia nella cattedrale di Notre-Dame e a prolungare la sua visita a Parigi per altri quattro mesi ma, contrariamente alle sue aspettative, ne ricevette in cambio solo pochissime concessioni, e di secondaria importanza. Ciò nonostante, le acclamazioni entusiastiche del popolo francese verso il Papa, ovunque egli passasse, erano tante e tali che non solo Napoleone se ne infastidì moltissimo, ma Pio VII capì che la fede, in Francia, stava rinascendo davvero. Rientrato a Roma il 16 maggio 1805, fornì al collegio cardinalizio, convocato allo scopo, una versione ottimistica della sua visita. 

Nonostante ciò, lo scetticismo prese presto il sopravvento quando Napoleone cominciò a non rispettare il concordato del 1801, arrivando al punto di pronunciare d'autorità lui stesso l'annullamento del matrimonio del fratello Girolamo con la moglie, un'americana di Baltimora. L'attrito fra la Francia ed il papa montò così rapidamente che il 2 febbraio 1808 Roma fu occupata dal generale Miollis e, un mese più tardi, le province di Ancona, Macerata, Pesaro e Urbino furono annesse al Regno d'Italia. Rotte le relazioni diplomatiche fra Napoleone e Roma, con un decreto emesso a Schönbrunn l'11 maggio 1809 l'imperatore annetteva definitivamente tutti i territori dello Stato Pontificio.
Per ritorsione, Pio VII, pur senza nominare l'imperatore, emise una bolla di scomunica contro gli invasori; nel timore di un'insurrezione popolare il generale Miollis, di propria iniziativa (come sostenne Napoleone in seguito) o, più probabilmente, per ordine del generale Radet, prese in custodia il Papa stesso. Nella notte del 5 luglio il Palazzo del Quirinale fu aperto con la forza e, in seguito all'ostinato rifiuto di annullare la bolla di scomunica e di rinunciare al potere temporale, il Pontefice fu arrestato e tradotto prima a Grenoble e successivamente, passando per il colle di Tenda, Cuneo e Mondovì, a Savona. Qui egli si rifiutò con fermezza di convalidare l'investitura dei vescovi nominati da Napoleone e, quando i francesi scoprirono che il Papa intratteneva segreti scambi epistolari, gli fu addirittura proibito di leggere e scrivere. Insieme col Papa, furono espulsi da Roma molti alti prelati, come ad esempio il Maestro generale dei Domenicani Pio Giuseppe Gaddi.
Dopo oltre due anni ininterrotti di prigionia, fu estorta al pontefice la promessa verbale di riconoscere l'investitura dei vescovi francesi. Nel maggio del 1812 Napoleone, con il pretesto che gli inglesi avrebbero potuto liberare il Papa se questi fosse rimasto a Savona, obbligò il vecchio e infermo (per la febbre che non lo lasciava) pontefice a trasferirsi a Fontainebleau, vicino a Parigi; il viaggio lo provò al punto tale che, al passo del Moncenisio, gli fu impartita l'estrema unzione. Superato il pericolo e giunto in salvo a Fontainebleau, fu alloggiato con tutti i riguardi nel castello per aspettarvi il ritorno dell'imperatore da Mosca. Appena rientrato, Napoleone intavolò immediatamente una serrata trattativa con il Papa che, il 25 gennaio 1813, accettò un concordato a condizioni tanto umilianti che non riuscì a darsi pace. Ma, essendogli stato concesso di consultarsi coi cardinali, tra cui Bartolomeo Pacca ed Ercole Consalvi, lo rigettò tre giorni dopo. Comunicò la sua decisione prima per iscritto all'Imperatore (che la tenne segreta), poi, pubblicamente il 24 marzo dello stesso anno. Nel mese di maggio, infine, osò sfidare apertamente il potere dell'imperatore dichiarando nulli tutti gli atti ufficiali compiuti dai vescovi francesi.
Il 19 ottobre 1813 Napoleone fu sconfitto a Lipsia. Di fronte alla penetrazione degli eserciti della Sesta coalizione in territorio francese, Napoleone decise di far ricondurre il suo prigioniero a Savona. Pio VII partì da Fontainebleu il 23 gennaio 1814 (domenica) in forma privata, vestito da vescovo. Fu condotto a Nizza attraverso un percorso tortuoso per aggirare la valle del Rodano, dove il fermento antibonapartista era al culmine. Il lungo percorso del prigioniero si tramutò in un trionfo: folle esultanti si accalcarono al passaggio dell'anziano pontefice attraverso il sud della Francia. Il 16 febbraio Pio VII giunse a Savona. Fu qui, forse, che gli fu data la notizia che Roma era stata liberata dal dominio francese.

Il precipitare degli eventi e l'abdicazione del 17 marzo indussero Napoleone a liberarlo definitivamente. Il generale ordinò che il Papa fosse condotto a Bologna. La sua prigionia era durata quasi cinque anni. Pio VII fece il suo ingresso a Bologna il 31 marzo. Celebrò la Pasqua (10 aprile) ad Imola, sua antica città episcopale, poi si fermò a Cesena, sua città natale, dal 20 aprile al 7 maggio. Il 15 maggio si recò al santuario di Loreto a rendere grazie per l'avvenuta liberazione. Il 24 maggio fece il suo ingresso a Roma accolto dalla folla esultante.

Il 7 agosto 1814 con la bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum il Papa ricostituì la Compagnia di Gesù, mentre il Segretario di Stato Consalvi, al Congresso di Vienna, si assicurava la restituzione di quasi tutti i territori sottratti allo Stato della Chiesa. Successivamente veniva soppressa nello Stato pontificio la legislazione introdotta dalla Francia e venivano reintrodotte le istituzioni dell'Indice e dell'Inquisizione. Ma la battaglia più importante vinta da Pio VII fu di aver ottenuto dal Congresso di Vienna l'abolizione della schiavitù.
Nel 1815 Gioacchino Murat, durante i Cento giorni di Napoleone, attaccò lo Stato Pontificio. Tra il 22 marzo e l'inizio di giugno Pio VII si rifugiò fuori dell'Urbe. Prima si trasferì a Genova, poi sostò a Torino (19 maggio), ospite di Vittorio Emanuele I, e quindi raggiunse Piacenza e, di qui, seguì la via Emilia fino ad entrare nei suoi territori. Il 7 giugno rientrò a Roma. Uno dei suoi primi atti fu la riconferma del card. Consalvi come segretario di stato (5 luglio). Nei mesi successivi accolse come rifugiati politici alcuni parenti di Napoleone.
Pio VII incaricò il Consalvi di realizzare le riforme contenute nel Motu Proprio Quando per ammirabile disposizione, emanato il 6 luglio 1816. Il provvedimento avviava la riforma dell'amministrazione dello Stato Pontificio. Le novità più rilevanti riguardavano il sistema catastale e la nuova ripartizione territoriale dello Stato, suddiviso in tredici delegazioni e quattro legazioni (Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna), oltre al Distretto di Roma ribattezzato Comarca. Nonostante ciò, le casse dello stato erano in condizioni disastrose, mentre il malcontento si aggregava principalmente intorno alla "Società Segreta", di ispirazione liberale, dei Carbonari, proibita dal Papa nel 1821.
Il capolavoro diplomatico del Consalvi fu una serie di concordati stipulati a condizioni particolarmente vantaggiose con tutti gli Stati di religione cattolica, ad eccezione dell'Impero austriaco. Negli ultimi anni del pontificato di Pio VII la città di Roma fu molto ospitale verso tutte le famiglie regnanti, i cui rappresentanti vi si recarono spesso; il pontefice fu particolarmente benigno verso i sovrani in esilio, dimostrando una notevole e singolare magnanimità anche nei confronti della famiglia di Napoleone.

Barnaba Chiaromonti Dove ha soggiornato

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