Giuseppe Jappelli è stato un ingegnere, architetto e paesaggista italiano. Fu tra i massimi esponenti dello stile neoclassico nel Veneto e fu particolarmente noto come progettista di giardini romantici. Era l'ultimo dei nove figli di Domenico Jappelli, bolognese chiamato a Venezia come segretario del priorato dell'Ordine di Malta.
La sua formazione artistica fu forse iniziativa del cugino Luigi Jappelli, pittore e decoratore attivo nel Veneto e poi in Spagna. Nel 1798, morto il padre e seguito dallo zio Filippo, un potente ecclesiastico, si iscrisse all'Accademia Clementina (oggi Accademia di Belle Arti) di Bologna dove attese ai corsi di architettura e figura, dimostrando notevoli capacità nel campo della scenografia. Tornato a Venezia, frequentò il cartografo Giovanni Valle e dal 1803, divenuto perito agrimensore, si occupò della realizzazione di alcuni lavori di regolazione delle acque del Piave insieme all'esperto idraulico e tecnico delle fortificazioni Paolo Artico.
Nel 1807 entrò nel Corpo degli ingegneri delle acque e strade del Dipartimento francese del Brenta e dell'Alto Po. Nel 1809 si arruolò nell'esercito napoleonico al seguito di Eugenio di Beauharnais, congedandosi quattro anni dopo con il grado di capitano.
Dopo la sconfitta di Napoleone e la caduta del Regno Italico, Jappelli si fermò in Lombardia dove si dedicò alla ristrutturazione all'inglese del giardino di Villa Sommi Picenardi nei pressi di Cremona. Sull'originalità di questo lavoro si fonda la sua reputazione di architetto paesaggista.
Nel 1815 rientrò a Padova, dove progettò una sontuosa scenografia a Palazzo della Ragione in occasione della visita in città dell'imperatore Francesco I d'Austria. Successivamente progettò e realizzò importanti trasformazioni di parchi e giardini nei dintorni di Padova.
Nel 1817 venne nominato ingegnere provinciale e ricevette importanti incarichi pubblici, tra cui quello per la progettazione delle carceri, di una nuova sede dell'Università che doveva essere collocata tra le basiliche del Santo e di Santa Giustina con una grandiosa facciata su Prato della Valle, del Cimitero Maggiore e del pubblico macello che, secondo le norme igieniche dettate dal nuovo codice napoleonico, dovevano essere dislocati fuori dall'abitato.
La sfida di Jappelli, aderente alla Massoneria fin dal 1806 e convinto sostenitore degli ideali illuministi, era quella di progettare non degli interventi isolati, ma piuttosto di integrarli in una dimensione tendente a riprogettare lo spazio urbano come un unico insieme di attività, di abitazioni e di servizi, ma l'inerzia dell'apparato burocratico, in cui si arroccava il ceto dirigente della decaduta Serenissima Repubblica e il conservatorismo del mondo politico, ostile ad ogni forma di rinnovamento, fecero sì che tutti i progetti, tranne quello del macello comunale, rimanessero sulla carta.
Il macello, fino agli inizi dell'ottocento localizzato in centro città, nella zona detta appunto delle "Beccherie" (oggi via Cesare Battisti), venne portato in via Morgagni dove Jappelli progettò e costruì una nuova sede caratterizzata da una facciata neoclassica con otto colonne in stile dorico, che richiama la facciata del Partenone. Questa sede cessò di funzionare nel 1909 e dall'anno seguente ospitò la sede dell'Istituto d'Arte "Pietro Selvatico", suo allievo più importante.
Il Caffè Pedrocchi di Padova, l'opera più nota di Jappelli.
Nel 1826, Giuseppe Jappelli ricevette da Antonio Pedrocchi l'incarico per la realizzazione del Caffè Pedrocchi. Il piano terra fu completato nel 1831 ma i lavori proseguirono fino al 1842, anno in cui fu inaugurato il piano nobile dell'edificio.
Nel frattempo Jappelli ebbe l'opportunità di compiere alcuni viaggi in Inghilterra e in Francia, esperienza fondamentale per l'acquisizione di spunti e idee dall'architettura gotica. A Padova, oltre ai progetti già citati, si dedicò alla progettazione del giardino Pacchierotti (fra l'Orto Botanico e il Prato della Valle), del giardino Giacomini (in Via del Santo) e del giardino di palazzo Treves de' Bonfili, oggi proprietà del Comune e aperto al pubblico (ingresso da via Bartolomeo d'Alviano). Esempio di giardino all'inglese, dopo i gravi danni subiti venne restaurato negli anni novanta e si estende su 9600 m².
Fuori Padova, l'emergente ceto borghese si servì di lui per il progetto di residenze prestigiose, tra le quali si ricordano Ca' Minotto a Rosà, Villa Gera a Conegliano e Villa de Manzoni ai Patt di Sedico. Nel 1838 creò anche il giardino all'inglese della Villa Soranzo Conestabile di Scorzè e ampliò l'ala sud della villa. Fu anche chiamato, intorno al 1840, dal principe Alessandro Torlonia per la sistemazione del verde nell'area meridionale di Villa Torlonia a Roma.
Tra gli ultimi lavori di Jappelli sono da ricordare la ristrutturazione del Teatro Nuovo (oggi Teatro Verdi) a Padova e l'ambiziosa progettazione (non portata a termine) di un porto commerciale a Venezia, da realizzare sul modello dei docks londinesi che l'architetto aveva avuto modo di visitare qualche anno prima.