Giuseppe Volpi, conte di Misurata, è stato un imprenditore e politico italiano. Fu governatore della Tripolitania italiana, Ministro delle finanze e presidente di Confindustria dal 1934 al 1943. Era figlio dell'ingegnere Ernesto Volpi e di Emilia De Mitri. Rimasto orfano di padre, con pochi soldi in tasca abbandonò l'università di Padova e si trasferì nell'allora Impero ottomano in cerca di fortuna. Divenuto ricco esportando tabacco dal Montenegro, investì i guadagni acquisiti nella nascente industria elettrica e nel 1905, rientrato in patria, costituì la SADE (Società Adriatica di Elettricità), acquisendo in tal modo una posizione di rilievo nel settore della produzione e della fornitura di energia elettrica.
Nel 1917 fu tra i protagonisti della realizzazione del nuovo Porto Marghera e dopo il primo conflitto mondiale acquistò prestigiose catene alberghiere, gestendo a Venezia il Grand Hotel e l'Excelsior. Fu Presidente dell'Assonime dal 1919 al 1921, chiamando nel ruolo di segretario Felice Guarneri.
Benché massone, aderì al fascismo e dal 1922 al 1925 fu governatore della Tripolitania italiana. In questa veste avallò le azioni di dura repressione ordinate dal generale Rodolfo Graziani contro i ribelli libici. Nel 1925 gli fu concesso il titolo di conte di Misurata da Vittorio Emanuele III. Dal 1925 al 1928 fu Ministro delle finanze del governo Mussolini: la sua azione governativa fu tesa ad avvicinare i capitalisti al fascismo.
Fu presidente della Confindustria dal 1934 al 1943. In tale veste, Volpi si fece promotore degli interessi del capitalismo italiano presso il regime, assicurando in cambio il sostegno e la collaborazione del mondo industriale al fascismo ed al progetto politico mussoliniano, considerato dai vertici del mondo produttivo italiano come modernizzatore e funzionale ai propri interessi. Tale sostegno iniziò a venir meno nel 1943, quando le gravi distruzioni apportate alle infrastrutture ed agli impianti industriali italiani dall'offensiva angloamericana - e la coscienza che la guerra fosse irrimediabilmente perduta - misero in crisi il quadro politico ed economico del Paese.
Nel 1938 divenne presidente del consiglio di amministrazione delle Assicurazioni Generali al posto del dimissionario Edgardo Morpurgo, che, in quanto ebreo, dovette cedere la guida dell'istituto assicurativo a causa delle leggi razziali. Negli stessi anni nei quali fu al vertice della Confindustria fu anche presidente della Biennale di Venezia e, in tale ambito, fu il principale promotore della 1ª Esposizione Internazionale d'Arte Cinematografica, oggi conosciuta come Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Per questa ragione il premio al miglior attore e quello alla miglior attrice (le "Coppe Volpi") portano il suo nome. Anche un altro premio attribuito dalla giuria della Mostra, la medaglia d'oro del Senato, ha origine dal suo ruolo di senatore, nominato nel 1922.
Nei primi mesi del 1943, avvertendo il formarsi di una sempre più vasta e trasversale opposizione alla prosecuzione della guerra, all'alleanza con Hitler, ed al suo stesso governo nei vertici politici e finanziari del Paese, Mussolini procedette ad un vasto rimpasto del suo governo (tra le vittime più illustri Galeazzo Ciano e Alessandro Pavolini) e rimosse Volpi dalla presidenza di Confindustria, sostituendolo, il 30 aprile con il direttore generale, Giovanni Balella. Per questo motivo Volpi non poté prender parte alla seduta del Gran Consiglio del fascismo (nel quale sedeva di diritto il presidente di Confindustria) che, nella notte tra il 24 e il 25 luglio decretò la fine del regime. Dell'evento Volpi fu informato, a quanto pare, solo la mattina successiva da Dino Grandi, al quale era legato da personale amicizia, e che fu tra i principali ispiratori della caduta del regime fascista; proprio in quel periodo Volpi cominciò a presentare i primi sintomi della malattia che nel giro di pochi anni spense le sue facoltà intellettive e lo condusse alla morte. Tentò due volte di fuggire in Svizzera (il 26 luglio ed il 16 ottobre), senza tuttavia riuscirci. Il giorno prima del suo secondo tentativo di fuga, delegò la cura delle sue aziende al conte Vittorio Cini. Fu quindi arrestato dalle SS e trattenuto per qualche giorno nella prigione di via Tasso, ma visto il peggioramento delle sue condizioni, per intervento diretto del Maresciallo Rodolfo Graziani, fu liberato e riconsegnato alla famiglia.
Nel Dopoguerra subì una serie di procedimenti per le sue responsabilità durante il regime fascista. Il suo stato gli impedì di presentarsi davanti ai giudici, ma grazie all'Amnistia Togliatti e alle testimonianze a suo favore di autorevoli personalità antifasciste, fu prosciolto da ogni accusa. Fu tra i promotori, come titolare della SADE (Società Adriatica Di Elettricità) della costruzione della diga del Vajont. Acquistò e restaurò Villa Barbaro di Maser, dimora cinquecentesca opera di Andrea Palladio ed inserita nei siti patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel 1996, originariamente posseduta dalla famiglia Barbaro. Il suo funerale fu celebrato da Angelo Roncalli[6] (futuro papa Giovanni XXIII) e la sua tomba dal 1954 si trova nella Basilica dei Frari a Venezia.
Giuseppe Volpi si sposò per la prima volta, a Firenze l'8 ottobre 1906, con la nobile Nerina Pisani (morta a Roma il 29 novembre 1942), raffigurata in un dipinto (1906) da Vittorio Matteo Corcos, immortalata da d'Annunzio nel romanzo "Il Fuoco". In seconde nozze sposò l'algerina Nathalie (Natalia - Lily) El Kanoni (Leonia Kanoni o Nathalie El Kanoui), nata ad Orano. Dall'unione nacque (1938) Giovanni Volpi.