Vittorio Amedeo II nacque a Torino il 14 maggio 1666. Il padre morì nel 1675, quando Vittorio Amedeo aveva solo nove anni, la reggenza fu affidata a sua madre, che governò anche oltre la maggior età di Vittorio Amedeo.
Di personalità affascinante e demiurgica ma anche carattere cupo e ombroso. Amato e odiato. Su di lui circolarono molti aneddoti. Era parco fino a rasentare la trasandatezza e il fasto della sua corte non gli andava a genio; ridusse drasticamente le spese di rappresentanza e coi soldi risparmiati finanziò la riforma dell’esercito e degli uffici pubblici. Si dice che si travestisse e girasse di notte per Torino, per sentire le lagnanze del suo popolo. Fu soprannominato “renard”, volpe. Su di lui fiorirono studi storici e psicologici.
Fu comunque un grande monarca assoluto e contestualmente anche un grande riformatore. A lui si debbono la riforma dell’apparato burocratico, il catasto, assunzioni in base alle capacità, il ricupero di feudi posseduti illegalmente da altri, un concordato con il Papa.
Per governare più a lungo Giovanna abbandonò il figlio in compagnia di giovani dissoluti con cui si dedicava alle feste, alla caccia ed ai facili amori. Il giovane duca, tuttavia, pur fra le dissolutezze, si rese presto conto delle condizioni in cui erano caduti i suoi domini e presto decise di togliere il governo alla madre.
Nel 1679 Giovanna Battista, per prolungare il proprio potere, progettò le nozze del figlio con la cugina, Isabella di Braganza, infanta del Portogallo. Il contratto di matrimonio prevedeva il trasferimento immediato del duca in Portogallo, di cui in seguito sarebbe divenuto Re; in questo modo l'amministrazione del Piemonte e della Savoia sarebbero rimasti alla madre nonostante la maggior etè del figlio.
Vittorio Amedeo finse di accondiscendere al volere materno ma quando giunse a Torino l'emissario portoghese che doveva accompagnare il regale sposo in Portogallo, Vittorio Amedeo si finse malato e di salute estremamente cagionevole. L’inviato portoghese si affrettò ad informare il proprio sovrano che decise immediatamente lo scioglimento del contratto di matrimonio.
Dopo qualche tempo Vittorio Amedeo II chiese a Luigi XIV il permesso di prendere le redini dello stato sabaudo, dando come garanzia dell'intenzione di mantenere buoni rapporti con la Francia, l'assicurazione che avrebbe sposato una dama scelta da lui. Ottenuta risposta affermativa, notificò ai ministri che cessava la reggenza della madre e che le redini dello stato passavano a lui.
Nel 1684, quindi, per poter finalmente assumere il potere dovette sposare la cugina francese Anna d’Orleans. Ovviamente non si trattava di matrimonio d'amore, ebbe molte amanti, che non si curava di nascondere e che gli diedero almeno cinque figli. L'ultima delle sue amanti, la Marchesa di Spigno, che sposò morganaticamente, fu, a detta di alcuni, causa della sua rovina.
Da Anna d'Orleans Vittorio Amedeo ebbe sei figli: Maria Adelaide, in sposa a Luigi di Borbone, Marianna, che visse meno di un anno, Maria Luisa Cristina, moglie di Filippo V di Borbone, Re di Spagna, il quale si risposò, Vittorio Amedeo, principe di Piemonte, Carlo Emanuele III, suo successore ed Emanuele Filiberto, che visse meno di un anno. Ebbe altri due figli dalla contessa di Verrua: Vittoria Francesca, in sposa a Vittorio Amedeo di Carignano, e Vittorio Francesco Filippo, marchese di Susa.
In un primo tempo fu restio a perseguitare i protestanti, come fece suo zio, Luigi XIV. Nel 1686, dopo molte insistenze e minacce del Re di Francia organizzò una spedizione contro i Valdesi. Ne sopravvissero 11000, di cui 3000 si convertirono e gli altri 8000 furono carcerati. Alla liberazione erano solo più 3841 e furono esiliati e gli orfani ricevettero un’educazione cattolica nell’ospedale di carità.
Quando il duca cambiò alleati e si schierò con l’Austria contro la Francia alcuni valdesi, guidati dall’abate Arnaud, rientrarono in val Pellice, (la “glorieuse rentrée”).
- Il 4 giugno 1690 aderì alla Quadruplice Alleanza con l’Olanda, la Spagna e l’Austria (dove suo cugino Eugenio di Savoia combatteva per l'Imperatore), e quindi ruppe con la Francia che, nell’agosto seguente, assediò Montmelian e occupò Chambery.
Immediatamente la persecuzione dei Valdesi cessò e ci fu glorieuse rentrée.
La guerra comportò ingenti spese e terribili sconfitte piemontesi: Carmagnola fu rasa al suolo, i castelli di Venaria e Rivoli furono saccheggiati e alla Per saperne di più... Marsaglia il generale Catinat inflisse una durissima sconfitta ai Savoia, nel 1693 con la morte di 12.000 soldati nelle campagne tra Volvera e Piossasco.
Torino, tuttavia, non fu attaccata perché gli approvvigionamenti francesi erano precari e i piemontesi, invece, si riorganizzarono abbastanza in fretta. Dopo questa fase rimasero solo più paesi saccheggiati e bruciati, vigne atterrate, campi devastati e la certezza che i prossimi raccolti sono perduti: la carestia. Il municipio di Torino venne in aiuto al suo Re con finanziamenti e volontari. Alla fine del 1693 Vittorio Amedeo si staccò dall’Austria, concluse con Luigi XIV i trattati di Pinerolo e di Ryswyk; nel 1697.
Continuando la tradizione sabauda di fare politica attraverso promettenti matrimoni diede in sposa le figlie Maria Adelaide al Delfino Luigi, Duca di Borgogna e Maria Luisa Gabriella a Filippo V re di Spagna e duca d’Angiò.
Il 5 gennaio 1703 cambiamento di fronte: ritornò con l’Imperatore Leopoldo I e provocò una guerra contro la Francia le cui truppe gli inflissero parecchie sconfitte e assediarono Torino nel marzo 1706. Durante l'assedio si svolse il famoso episodio di Pietro Micca, che perse la vita dando fuoco alle polveri di una mina sotterranea infliggendo al nemico ingenti perdite.
Il 7 settembre, con l’aiuto di suo cugino Eugenio, il Duca sfondò le linee francesi e fece un’entrata solenne nella capitale sabauda dopo aver fatto voto di elevare una basilica a GSuperga dove aveva deciso il suo piano di battaglia. I festeggiamenti per la vittoria furono memorabili. Nel 1707 riconquistò Nizza e Susa. Con un accordo segreto il Re di Francia, con cui evidentemente si stava raccordando, gli promise la Lombardia.
Nel 1713, con il trattato di Utrecht dell’11 aprile riprese la Savoia e ebbe le regioni di Alessandria, Lomellina, Sesia, il Monferrato (promesso dall’Imperatore Leopoldo I nel 1703) Ulzio, Gexilles, Cesana, Bardonecchia, Casteldelfino, e Finestrelle.
Ma il risultato più brillante di questi continui cambiamenti d'alleanza (definiti capolavoro della diplomazia del '700) fu l'acquisizione della Sicilia: il 2 dicembre seguente il Duca e la Duchessa furono consacrati Re a Palermo. In quella città furono accolti con un discorso che presentava la Sicilia come “terra dei baroni”. In effetti il numero di nobili in proporzione alla popolazione era il più alto del mondo: ciò comportava uno spaventoso sfruttamento del popolo da parte di un’incontrollabile nobiltà locale. L’ex genero, di Vittorio Amedeo, il Re di Spagna, in accordo con le grandi potenze, rivendicava la Sicilia per se e lo costrinse ad accettare in cambio la Sardegna.
Al Savoia interessava essere Re ma della Sicilia non poteva né voleva occuparsi. Vittorio Amedeo accettò la Sardegna, più piccola e povera ma molto più vicina e controllabile, che gli permetteva di mantenere la cosa più ambita: il titolo di re. La Sicilia non passò alla Spagna ma all'imperatore Asburgo. Filippo V ebbe Parma, Piacenza e la Toscana, che poi passò ai Lorena.
Vittorio Amedeo si occupò della riforma dei suoi stati. Molto autoritario, enigmatico, non si fidava dei suoi parenti. Il suo fu un assolutismo burocratico: organizzò un consiglio di stato di otto membri, prese il controllo delle città principali attraverso i vicari di polizia, e quello delle province attraverso gli intendenti, l'intento era di controllare la nobiltà di spada attraverso la nuova nobiltà di toga da lui istituita.
Creò dei nuovi ministeri: esteri, guerra, interno e delle agenzie: finanze, tesoro, real casa. Ruppe con Roma, nel tentativo d’imporre al Papa e al clero la propria volontà.
Nel 1723 con l’intenzione rendere più chiare e comprensibili le leggi, pubblicò le Reali Costituzioni. Fu il primo in Europa ad organizzare un catasto, sia per meglio conoscere le reali possibilità economiche del regno e aumentare il controllo sui beni dei nobili e del clero sia, specialmente, per poter meglio prevedere le entrate fiscali.
Pur non essendo molto portato per le scienze e le arti, ne comprese le potenzialità ed il valore politico e così mise sotto controllo anche l'università, di cui assunse direttamente la gestione e costrinse gli studenti di tutto il regno a risiedere nel Collegio delle Province a Torino, creò la biblioteca universitaria e affidò a valenti architetti meravigliose opere architettoniche.
Torino fu ampliata, riorganizzata ed arricchita di splendidi palazzi e strutture. Dalla Sicilia Vittorio Amedeo portò a Torino Filippo Juvarra cui fece progettare edifici splendidi, tra cui la palazzina di caccia di GStupinigi, la basilica di GSuperga, la nuova facciata del Palazzo Madama. Alla Venaria Reale lo Juvarra edificò la splendida galleria, la scuderia, la citroniera e la cappella di sant'Uberto, con la sua cupola finta.
Nel 1730, sentendo che la sua mente cominciava a vacillare, abdicò e si ritirò con la sposa morganatica Anna Carlotta Teresa Canalis di Cumiana, Marchesa di Spigno a Chambery. La Canalis non era abbastanza nobile per sposare un re e il Consiglio era contrario perfino al loro rapporto ma una volta vedovi i due, che si amavano, si erano sposati con un matrimonio che ha valore solo in chiesa e non nella società civile e, quindi non ha effetti politici o dinastici. Anche a causa di questa unione il motto di casa Savoia, FERT: è tradotto con la frase “Foemina erit ruina tua”.
L’anno dopo, Vittorio Amedeo fu colpito da un colpo apoplettico. Il figlio Carlo Emanuele III si recò in visita e l’ex Re, che non aveva mai dimostrato grande stima nel figlio nemmeno quando stava bene, lo aggredì e lo insultò.
Dopo un mese si ristabilì e, recatosi a Moncalieri pretese, con fare risoluto ed arrogante di ritornare sul trono, perché l’erede, del cui operato non si era mai degnato di interessarsi, era, a parer suo, manifestamente incapace.
Consultati i suoi collaboratori, Carlo Emanuele, anche per poter portare a compimento lo stesso progetto politico ideato dal padre, lo fece arrestare ed imprigionare a Rivoli e la sua consorte fu imprigionata in un riformatorio per prostitute a Ceva.
Qualche tempo dopo la Marchesa di Spigno poté ricongiungersi al marito, che trascorse gli ultimi mesi della sua vita tra accessi d’ira e di apatia. Carlo Emanuele non lo vedrà più. Morì a Moncalieri il 31 ottobre 1732 e fu sepolto nella basilica reale di Superga che lui stesso aveva fatto costruire e che sarebbe diventata il luogo di sepoltura dei re di Sardegna. Dopo la morte del Re la Marchesa, lasciata libera, si rinchiuse in convento.