Il Casino de la Vallée è una delle case da gioco più grandi e prestigiose d’Europa. Immersa nella cornice di Saint-Vincent e circondata da quattro fra le più alte montagne d’Europa, quali il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Cervino ed il Gran Paradiso, la struttura si contraddistingue per la sua posizione privilegiata nel cuore della Valle d’Aosta, a soli 90 km da Torino e 150 km da Milano.
Casinò de la Vallée Saint Vincent Storia
L'inizio delle fortune turistiche della cittadina valdostana ha origini molto antiche e può essere datato con precisione: 20 luglio 1770. Quel giorno l'abate Jean-Baptiste Perret, appassionato di chimica e mineralogia, scoprì una sorgente d'acqua dalle virtù terapeutiche. Le analisi confermarono le aspettative del prelato e la "Fons Salutis" divenne un richiamo per i villeggianti.
Durante le estati dal 1827 al 1829 la regina Maria Teresa, moglie di Vittorio Emanuele I di Sardegna, e le sue tre figlie, le principesse Maria Anna, Maria Cristina e Beatrice Maria seguirono la cura termale soggiornando al castello Challant della vicina Châtillon. Da allora tutta la haute société dell'Italia settentrionale incominciò a frequentare Saint-Vincent per "passare le acque". Nel 1850 la casa parrocchiale ospitò
Silvio Pellico, venuto a rimettersi in salute dopo la prigionia nella fortezza dello Spielberg. Nel 1854 fu la volta di un'altra regina, Maria Teresa, vedova di Carlo Alberto, che cercò invano di rimettersi in salute. Di lì a poco scoppiò il boom delle terme e della "Riviera delle Alpi" che nel 1872 contava già tre alberghi: lo Scudo di Francia, l'Hôtel des Quatre-Saisons e l'Hôtel du Lion d'Or, quest'ultimo ancora oggi in attività. C'era anche un Casino (senza accento), ma era solo un luogo di ritrovo dove si poteva godere di buona musica e intrattenersi danzando; di gioco d'azzardo ancora non si parlava.
Nel 1898 anche la regina
Margherita di Savoia soggiornò a Saint-Vincent apprezzando le virtù terapeutiche della "Fons Salutis" e ben presto la cittadina termale valdostana venne pomposamente ribattezzata "la Karlsbad italiana". Nel 1921 il sindaco Elia Page chiese al Sotto Prefetto di Aosta il permesso di aprire un tavolo di roulette per i mesi estivi. Il Sotto Prefetto acconsentì ricordandogli le responsabilità connesse al mantenimento dell' ordine pubblico nel Comune. In quella stessa estate nel salone del Kursaal si iniziò a giocare soldi e a settembre l'amministrazione riuscì a pagare interamente gli ingenti debiti contratti per i lavori al canale della montagna. Alla fine della seconda guerra mondiale il Comitato di Liberazione Nazionale nominò sindaco di Saint-Vincent di nuovo Elia Page, il quale pochi mesi dopo, il 6 novembre del 1945, scrisse al Ministro degli Interni, probabilmente ignorando che il dicastero era retto ad interim dal capo del Governo Ferruccio Parri, per chiedere "la concessione per l'esercizio di tutti i giochi d'azzardo in forma esclusiva, per il territorio della Valle d'Aosta, per un periodo di anni quindici" e spiegando che "la maggior parte dei problemi che attualmente assillano il Comune di Saint-Vincent e gli altri della Valle d'Aosta per darsi un'adeguata e degna attrezzatura verrebbero senz'altro risolti con i ricavi degli introiti...", ma concludendo con un "non appena le trattative con la Società scelta per le maggiori garanzie e serietà offerte saranno giunte ad una forma concreta, sarà cura del sottoscritto darne doverosa comunicazione a codesto Onorevole Ministero" che la diceva lunga sulla risolutezza del sindaco nel proseguire per questa strada. Alla richiesta del primo cittadino di Saint-Vincent non arrivò mai nessuna risposta ufficiale, forse anche perché il Governo Parri cadde il 23 dello stesso mese e il 10 dicembre lo sostituì il Governo guidato da Alcide De Gasperi che aveva ben altre questioni a cui pensare... tuttavia in forma ufficiosa influenti esponenti politici resero nota la disponibilità del Governo ad accogliere la domanda. Con questi presupposti il sindaco riprese carta e penna e indirizzò, in francese, una richiesta analoga al Presidente del Consiglio della Valle d'Aosta, lo storico Federico Chabod, a cui scrisse "forzando un po' la mano" che "le Gouvernement de Rome fit savoir, officiellement, que la précaire situation économique de la Vallée d'Aoste, son importance touristique et sa particulière situation géographique directement en contact avec deux pays étrangers et amis, appuyaient indiscutablement la demande" e la richiesta divenne "pour la période minime d'une vingtaine d'années". Nonostante la legge italiana proibisse espressamente il gioco d'azzardo e in attesa che lo Statuto Speciale del 1948 ponesse limiti precisi alle competenze e ai poteri della Regione, il Presidente Chabod emanò il 3 aprile del 1946 il decreto d'apertura del Casinò de la Vallée. Nel provvedimento, che autorizzava l'istituzione della casa da gioco "per la durata di anni venti", veniva richiamato l'art. 12 del decreto legge luogotenenziale n. 545 del 7/9/1945 con il quale fu concessa l'Autonomia alla Valle d'Aosta. L'articolo in questione attribuiva alla regione competenze amministrative per "iniziative in materia turistica, vigilanza alberghiera, tutela del paesaggio e vigilanza sulla conservazione delle antichità e delle opere artistiche"; infilarci in mezzo un casinò fu senz' altro una forzatura, ma anche un colpo da maestro.
Il 13 maggio del '46 il Consiglio regionale approvò le condizioni di apertura e il 17 maggio stabilì il riparto degli utili tra il concessionario e la Regione. La definizione degli accordi e le lungaggini burocratiche procrastinarono l'apertura, ma alle 21 precise del 29 marzo 1947 il capo tavolo Robert Semeghini diede il fatidico annuncio "messieurs, faites vos jeux"; i tre clienti, un industriale tessile biellese, un avvocato casalese e un commerciante di Torino (la proverbiale discrezione dei croupier probabilmente nacque insieme al Casinò e i nomi non furono tramandati) annunciarono le loro puntate. Gettoni bianchi da 100 lire e rossi da 200 andarono a infiorare il tappeto verde. L'impiegato Antonio Rolleri prese la pallina d'avorio, diede al cilindro della roulette una spinta in senso orario e avviò in senso opposto la sfera; dopo alcuni giri la messaggera della sorte scese sul fondo del catino, superò le barriere a losanga, rimbalzò e saltellò sulle caselle per fermarsi su quella contrassegnata dal numero nove. "Neuf, rouge, impair et manque": la casa da gioco aveva cominciato ufficialmente a portare benessere alla Valle d'Aosta e a Saint-Vincent.